2012: RESILIENZA!

Il 2012 è iniziato da poche ore e quest’anno, mai come nel recente passato, la spensieratezza dei festeggiamenti lascia spazio alle incertezze del futuro: spread, debito, default, crisi dell’Euro, global warming e tante altre parole, riecheggiano nella nostra testa redendo questo Capodanno un po’ diverso da quelli passati.

La parola chiave del prossimo anno sarà RESILIENZA (link a Wikipedia per una definizione esaustiva), mai come ora è necessario il cambiamento e se non siamo noi a generare il cambiamento chi altri lo deve fare? La promessa per il 2012 (che ovviamente riguarda anche me stesso) è quella di aumentare il nostro impegno sociale nella politica e nella partecipazione a tutto ciò che ci riguarda, non è sempre e solo colpa dei nostri tanto odiati politici ma è anche colpa nostra se le cose vanno male, non aspettiamo che il cambiamento arrivi, perché se non ci muoviamo non arriverà mai! Per dirla con le parole di Albert Einstein: “non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose!”. Per cui in quest’anno appena iniziato, perché non facciamo qualcosa che non abbiamo mai provato a fare? Imponiamocelo! Prendiamo parte di più alla vita pubblica, partecipiamo a dibattiti, incontri; informiamoci, conosciamoci, discutiamo e organizziamoci! Nessuno di voi è mai andato ad assistere ad una seduta del consiglio comunale? Si può iniziare semplicemente da qui.

C’è bisogno di un vento nuovo che spazzi via le vecchie logiche che ci hanno portato alla situazione attuale, questo vento potrà soffiare solamente se ci impegniamo tutti con serietà ed etica per un vero cambiamento, iniziando dalle piccole cose che ci circondano.

Non dimentichiamoci poi di investire nel risparmio energetico e nelle energie rinnovabili, se possiamo usiamo di meno l’auto e di più la bici, chiediamoci che impatto ha sull’ambiente ogni cosa che facciamo, perché questo è il futuro e siamo già in estremo ritardo! Riduciamo gli sprechi, lo si può fare a costo e fatica zero! La crisi è figlia anche del petrolio al quale siamo legati per fare ogni cosa.

Solo le persone e l’organizzazione possono attuare il cambiamento!

Auguro a tutti un 2012 estremamente resiliente!

Simone

Corso di formazione sul Capitale Intellettuale

Vi volevo informare  che il 14 novembre (in orario serale) parte il corso dal titolo “Il Capitale Intangibile dell’impresa: gestire e misurare il valore nascosto“. Il corso si propone l’obiettivo di far entrare in contatto i partecipanti con il mondo del capitale intellettuale e degli asset intangibili. Oltre ai principali modelli verrà riservato spazio alla Balance Scorecard ed a casi pratici.

Per chi fosse interessato a partecipare eccovi qui il link del Centro di Formazione Professionale “Einaudi” di Bolzano,  potetevi rivolgervi direttamente a loro per l’iscrizione. Ci sono ancora posti disponibili! Per qualsiasi domanda potete contattarmi qui o commentare il post.

A presto!

Simone

Alla ricerca di uno Steve Jobs Italiano. La storia e le idee di Adriano Olivetti

La recente morte di Steve Jobs, considerato tra i più grandi imprenditori-innovatori, dei nostri tempi, mi ha fatto riflettere riguardo allo stato in cui versa l’imprenditoria industriale italiana. Riflettendo ho cercato di trovare un imprenditore italiano che gli potesse essere paragonato, per la portata del successo aziendale, ma anche per la personalità, per le idee innovative ed inedite. Sono giunto così alla figura di Adriano Olivetti, che riuscì, sebbene in altri tempi, a creare una realtà aziendale che non credo abbia eguali nemmeno oggi.

Il suo modello d’impresa andava assolutamente in contro tendenza rispetto allo stile dell’epoca (vi ricordo che siamo negli anni 50) e per queste ragioni aveva trovato molti detrattori e forse ne troverebbe anche ai giorni nostri. Nelle sue fabbriche la cultura, la bellezza ed il benessere degli operai erano messi al centro dell’attenzione ed erano ritenuti aspetti fondamentali per la motivazione al lavoro e per l’incremento della produttività dell’intera azienda. Per fare qualche esempio nelle fabbriche olivettiane l’architettura era considerata fondamentale, Adriano Olivetti considerava infatti la bellezza un mezzo per l’elevazione dell’uomo. Ma non era solo la bellezza a farla da padrona alla Olivetti, la cultura giocava un ruolo fondamentale tant’è che nelle fabbriche era aperta una biblioteca consultabile durante l’orario di lavoro, si tenevano mostre, concerti e venivano invitati artisti, poeti e pensatori dell’epoca. Alla Olivetti i salari erano più alti della media e non si lavorava al sabato, addirittura era stato istituito un periodo di maternità per le donne (9 mesi con retribuzione al 100%), per i figli erano state create strutture ad hoc come asili, ambulatori medici e scuole. La cultura generale faceva parte dei programmi di formazione aziendale, inoltre la Olivetti fu una delle prime aziende a rivolgersi agli psicologi per le assunzioni e per migliorare l’ambiente di lavoro.

La Olivetti fu capace di inventare e commercializzare il primo elaboratore a transistor, chiamato EMEA, facendo concorrenza a colossi come IBM. In seguito purtroppo, a causa di una crisi finanziaria ed al mancato supporto delle banche, la divisione elettronica venne venduta alla General Electric. Questo evento verrà poi ritenuto da molti una grande occasione mancata per l’intera nazione.

Non vorrei ora dilungarmi troppo sui dettagli ed è per questo che vi invito a guardare il video (cliccate su puntata integrale), tratto dalla trasmissione “La storia siamo noi” di Giovanni Minoli, dove si ripercorre la storia di Adriano Olivetti e della sua azienda con interviste a personaggi che hanno condiviso la sua avventura. Vi consiglio inoltre di leggere uno dei numerosi libri sulla sua vita, se non addirittura direttamente uno degli scritti da lui pubblicati.

Il modello d’impresa di Adriano Olivetti è a mio avviso precursore (ignorato per troppo tempo) di molte teorie manageriali sulla motivazione e sul valore dell’impresa. Gli intangibles in Olivetti erano già importanti, oserei dire fondamentali, in un’epoca dove nel capitale umano non era ancora risposto il valore che oggi gli attribuiamo. In questa azienda ritroviamo quelle attenzioni agli aspetti più soft della gestione aziendale che oggi ci vengono riproposti in altre forme. Mi viene ad esempio in mente un recente filone di studi che si occupa di indagare quali benefici possa apportare l’arte nelle organizzazioni (artforbusiness.it, arts4business.org), oppure tutte le teorie di leadership e motivazione, delle quali abbondano i libri sugli scaffali delle biblioteche universitarie. Credo che l’esperienza olivettiana dovrebbe farci riflettere, sono passati tanti anni ed ancora oggi ci ritroviamo in situazioni molto lontane da quella realtà, dove l’impresa era parte integrante della comunità in cui risiedeva e dove l’attenzione alla persona ed alle sue problematiche era fattore determinante per la gestione aziendale.

Simone Verza

Quanto valgono 60 secondi in internet?


© Go-Globe.com – Shanghai Web Designers

Immagino che molti di voi abbiano letto già questa notizia su qualche sito web o sui quotidiani, go-gulf.com, ha pubblicato questo “infographic” che ci racconta che cosa avviene nel web in 60 secondi. L’impatto è abbastanza forte e pare che il mondo reale si sia trasferito nel web visto le numerose cose che accadono. Lasciando per un attimo stare considerazioni di tipo quantitativo, dove certamente ci sarebbe da dilungarsi, leggere questi dati mi ha fatto pensare a quante di queste azioni svolte nei sessanta secondi abbiano un valore economico, ossia facciano parte o meno di una catena del valore, in modo diretto o indiretto. Sicuramente per le aziende che erogano questi servizi si, tempo fa qualcuno si era messo calcolare quanto valesse un utente di Facebook, quello che è certo è che siamo di fronte ad economie di rete, più utenti ci sono, più questi servizi vengono usati, maggiore è il loro valore. Qualcuno, naturalmente, potrebbe avere qualcosa da ridire sulla solidità di questi business, se un giorno agli utenti di Facebook non andrà più di utilizzare il servizio, molto probabilmente il valore dell’azienda scenderà.

Se guardiamo bene tra tutti servizi illustrati nell’infographic qui sopra, quasi tutti sono gratuiti, anche qui sta la differenza, c’è qualcuno che ci permette di utilizzare gratuitamente qualcosa di suo e ci consente di creare valore per noi stessi, siamo di fronte ad una rivoluzione che è necessario capire, forse non l’abbiamo ancora studiata a sufficienza, ma un mercato come questo è assai anomalo rispetto alla vita “non virtuale”, c’è sempre qualcosa che viene condiviso tra utente ed erogatore, ma entrambi in qualche modo ci possono guadagnare. Anche se a dire il vero qualcosa di nostro lo cediamo, ossia una parte della nostra privacy ed è possibile che alcuni dati sensibili vengono utilizzati, seppur in modo aggregato (speriamo), per fare indagini di mercato.

Tornando alle considerazioni sul valore, vorrei concentrarmi un attimo su quanto queste attività possono produrre per gli utenti, “postare” su Twitter potrebbe accrescere la nostra reputazione e quindi potrebbe far crescere il nostro “valore sulla rete” che dovrebbe essere collegato a come e quanto ci possiamo spendere sul mercato. In sostanza siamo di fronte ad un sacco di strumenti che possono far crescere la nostra reputazione, non solo come individui ma anche come aziende. Come molti di voi sapranno la reputazione, soprattutto negli ultimi tempi, viene tenuta in considerazione anche da chi si occupa di asset intangibili, basti pensare all’indice Repustars®, che si promette proprio di tenere traccia della reputazione di un panel di imprese.

Non vorrei dimenticare l’aspetto etico della questione (visto che tra il resto parliamo proprio di reputazione), come ben sapete forse alcune persone abusano di questi strumenti, utilizzandoli nei modi più disparati e pubblicizzando, a mio avviso, in modo eccessivo la loro vita, dove il virtuale si scambia con il reale, dove il pudore non esiste più. Anche se questa è un’altra storia, non scordiamoci mai gli aspetti etici di tutto ciò che facciamo, ogni singola nostra azione ha delle ripercussioni etiche di cui dovremmo sempre tenere conto, non solo nella nostra vita privata (che con i social network tende sempre più a diventare pubblica), ma anche in ambito lavorativo.

Una delle conclusioni più concrete che possiamo trarre da quest’analisi può senza dubbio essere: se ho a disposizione un sacco di strumenti gratuiti per fare business perché non utilizzarli?

Potrebbe essere utile per un sacco di motivi, come ad esempio per chi sta cercando lavoro, un buon profilo su Linkedin può aiutare e possono aiutare tutte le tracce positive di noi che lasciamo nella rete.

Simone